Quale è lo spazio della pittura in un mondo in overdose di immagini?

Forse quello di fare un po' di... spazio?

G. C. Argan diceva che lo spazio esiste nella nostra coscienza.

(Argan mi ha rovinato la vita!)

Se lo spazio esiste nella mia coscienza, cosa è questo qualcosa che mi circonda e che chiamiamo mondo? 

La mia pittura combatte ancora con il problema della rappresentazione.

Come rendere ragione della moltitudine di immagini intorno a me, di frammenti del visibile che si incastrano con quelli della mia mente (abitata dai fantasmi di altre immagini: ricordi, proiezioni, fantasticherie...)? 

Infiniti livelli sovrapposti: la pittura è quasi una stratigrafia...

Come restituire la densità di cosa voglia dire (oggi e sempre) essere... un essere umano? 

Ho l'impressione che nella pittura accada qualcosa che accade anche nell'amore: la possibilità di capire attraverso i sensi, di formulare teorie del mondo impegnando forse quella coscienza di cui non siamo davvero del tutto coscienti.

Magritte disse che in un'opera di de Chirico (Le Chant d'amour) gli sembrò di aver visto per la prima volta dipinto il Pensiero.

Sospetto che sia possibile anche il contrario: la pittura ci permette di pensare con il corpo.

E il corpo è anche quello della pittura stessa: la sua pelle, che altro non è che una tela che si sta asciugando, da un secolo o da un giorno.

“La pittura è una tela colorata stesa ad asciugare”.

Questi lavori che propongo come candidature per Artrooms sono riflessioni sul senso della pittura stessa, ancora oggi, in questo “istante del mondo che passa”.

La pittura infatti mi sembra custodire e raccontare un po' la nostra verità di umani, una verità che appare e si ritrae, assomiglia alla sua lontana radice greca (aletheia, verità come non nascondimento), qualcosa che si mostra e si nasconde: non vuole e non può offrire un'immagine definitiva...

La tela si volta come uno specchio timido, la luce appare e scompare, la nostra vita cammina in uno spazio misterioso perché è quello di noi stessi nel tempo: segue una traiettoria tanto nitida quanto incomprensibile. Imperterrita e in parte oscura, come la luna.

“ Le fasi lunari della pittura”.

E noi continuamente proviamo a orientare lo sguardo, capire come e cosa guardare, e dove andare...

“Sempre seguire la direzione delle nuvole”.

What is the space of painting in a world overdosed with images? Maybe to make some space?

G. C. Argan said that space exists in our consciousness (Argan has ruined my life!)

If space exists in my consciousness, what is this something that surrounds me and wich we call the world?

My painting still fights with the problem of representation. How to explain the multitude of images around me, fragments of the visible that fits together with those of my mind (inhabited by the ghosts of other images: memories, projections, fantasies…?)

Infinite overlapping layers: painting is almost a stratigraphy.

How to return the density of what I mean (today and always) to be…. a human being?

I have the impression that something happens in painting that also happens in love. The possibility of understanding through the senses, of formulating theories of the world, perhaps engaging that consciousness of wich we are not really fully conscious.

Magritte said that in a work by de Chirico (Le Chant d’amour, 1914) it seemed to him that he had seen the thought for the first time. I suspect that the opposite is also possible: painting allow us to think with the body. And the body is also that of painting itself: its skin, which is nothing but a canvas that has been dryng for a century or a day.

“Painting is a colored canvas spread out to dry”.

These works that I propose as candidates for Artrooms are reflections on the meaning of painting itself, even today, in this “instant of the world that passes”.

In fact, painting seems to me to keep and tell a little bit about our human truth, a truth that appears and retracts, resembles  its distant grek root (aletheia, truth like no concealment), something that shows itself and hides: it does not want and cannot offer a definitive image… the canvas turns like a shy mirror, the light appears and disappears, our life walks in a mysterious space because it is that of ourselves in time: it follows a trajectory that is as clear as it is incomprehensible. Unperturbed and partly obscure, like the moon.

“The lunar phases of painting”.

And we continually try to direct our gaze, understand how to look, and where to go…

“Always follows the direction of the clouds”.